Amaro Silano – 70 cl + 2 bicchieri in coccio calabrese

Questa, è la storia di come un infuso possa rappresentare un territorio intero.

Siamo nel lontano 1864 e c’è un signore di nome Raffaello, ma la Storia gli darà un altro nome, grande esperto di erbe e infusi. Uno stregone dall’animo buono e dallo stomaco che brontola. Dal palato fine e dal naso attento. La Calabria è il suo regno. Vive nelle terre di Cosenza, all’ombra della Sila. Maestoso il “Monte” si erge e regala i propri doni a chi lo rispetta. Raffello carpisce i segreti delle erbe e di come possano diventare qualcosa di più. Lo fa aggiungendo anche un’erba che da quelle parti non cresce che ma che riesce a dare quel sapore in più: l’aloe. Un matrimonio tra Oriente e Calabria, tra il viaggio e le radici. Nasce l’Amaro Silano. Non solo, esalta l’Anice Bosco , lo rende sublime. Per anni, decenni, cresce e si impadronisce del palato dei calabresi e non solo. Addirittura qualche emigrante calabrese sostiene che quando beve l’amaro sente il profumo della sua regione, gli odori di Cosenza e che la notte, dopo averlo bevuto, sogna i monti del Sila.

Un imprenditore di nome Gennaro, dalle terre di Mormanno, conosce bene la Calabria, la sua regione. Ne conosce le virtù e le difficoltà. Conosce strade e panorami, fardelli e possibilità. E ne conosce i prodotti. Quell’amaro dei boschi della Sila lo ha assaporato spesso. È la sua Calabria in una bottiglia. E viene anche a conoscenza di alcune difficoltà. Siamo nel 2005, un secolo dopo che il Fondatore, colui che diede vita a tutto, aveva creato quella ricetta così unica.

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